martedì 19 luglio 2011

El Bulli chiude fino al 2014


Ferran Adrià: da 15 anni,
considerato il miglior chef al mondo
L'intervista che potrete leggere di seguito, è stata fatta da Sabina Minardi, giornalista de L'Espresso. Si tratta di una delle tante, che in questi periodi il master-chef sta concedendo: conseguenza della decisione annunciata della chiusura, temporanea, del suo ristorante, El Bulli, a Roses.
L'annuncio fatto da Adrià, ha portato il delirio tra i gourmet internazionali, creando subito una lotteria per poter mangiare "l'ultime cene di Ferran". Oltre a loro, però, si stanno muovendo anche tutti i super Vip del pianeta, perché essere alla cena di chiusura (pre-cambiamento) de El Bulli, potrebbe diventare una delle 10 cose da fare nella vita! Privilegi e potere, avranno la meglio nella reservations list?...

Il ristorante elBulli chiude. I fan si scatenano per un'ultima cena. E lo chef più famoso al mondo ci svela la cucina del cuore: ciò che la sera mangia con la sua brigata. Prima dei fuochi d'art
I pullmini stracolmi di anziani che si inerpicano lungo Carretera a Montjoi evocano allegre comitive di aspiranti suicidi in cerca dello strapiombo migliore. A pochi metri di distanza li tallonano taxi bianchi partiti da Roses, 20 mila abitanti, 200 chilometri a nord di Barcellona.
I vecchi, francesi e tedeschi specialmente, vanno giù, fino alla spiaggia di Cala Montjoi e si imbarcano su uno di quei battelli col fondo trasparente alla scoperta del mare. Le auto scaricano passeggeri eccitati e perplessi un paio di tornanti sopra, su una strada incerta e polverosa che toglie ogni dubbio sul perché il più blasonato, chiacchierato, pluripremiato ristorante del mondo sia rimasto aperto solo per sei mesi all'anno. E l'atmosfera qui è da fine del mondo: "El mundo se acaba, elBulli cierra", esordisce Ferran Adrià, provando a sdrammatizzare. 
Ma "la locura", la follia come ripete, la beffa peggiore che potesse capitare a lui, il più apollineo degli chef, talento e disciplina, estro parcellizzato in miniature, ormai è fuori controllo: elBulli chiude il prossimo 31 luglio, e il mondo gastronomico scrive, insinua, fa a pugni per aggiudicarsi un'ultima cena. Simposio a menu imposto di una quarantina di portate, a poco più di 300 euro, per 50 fortunati ogni sera, sino al gran finale.
E puoi sfinirti a ripetere che in fondo è solo una pausa, una boccata di respiro, in vista di una metamorfosi: che nel 2014 elBulli riaprirà i battenti sotto forma di Fondazione, e nel frattempo Ferran resterà lì ("Dove vuole che vada?") a scomporre sapori, a torturare ingredienti, a sperimentare texture e temperature, e alla fine a dare forme nuove alla creatività. La Fondazione, luogo di idee, prima che di piatti, è un oggetto ancora troppo sconosciuto per rassicurare gli adrianisti globali. Che ora famelicamente si affrettano: al telefono, su Internet, in elicottero o in yacht a raggiungere lui: "L'uomo che ha cambiato il modo in cui mangiamo", Adrià il rivoluzionario, genio che dà una svolta alle cose paragonato a Picasso, Le Corbusier, Charlie Parker. In grembiule blu, e matita che sbuca da dietro l'orecchio.
"La stampa, la gente, gli appassionati stanno vivendo male questa chiusura. Ma elBulli chiude ogni anno per sei mesi: al momento per me non è diverso. Forse a gennaio-febbraio dell'anno prossimo mi sembrerà più strano, mi farà impressione che manchino ancora due anni per aprire. Ma sarò al lavoro. L'ho spiegato su Internet, l'ho annunciato a gennaio 2010 a Madrid Fusion, sperando di mettere a tacere le speculazioni, ma nessuno ci crede: elBulli non chiude, si trasforma". 
E si potrà anche mangiare? "Sì, ma non è questa la cosa più interessante. È come se io dicessi: "Facciamo un centro di ricerca di tecnologia". E la prima domanda è: "Cosa scopriremo?". Non sarà un problema per chi vorrà mangiare: ci sarà disponibilità per 25 persone, per 30-35 giorni all'anno, senza prenotazione. Ma oggi il 10 per cento del tempo è dedicato alla creatività e il 90 alla produzione: in futuro, sarà esattamente il contrario".
Ha un modo curioso di parlare, lo chef più intervistato al mondo ("Un quarto delle mie giornate sono dedicate alla comunicazione"): traduce in percentuali continuamente. E, tra una frase e l'altra, rumina consonanti: mescolate col frinire delle cicale in sottofondo, il risultato è una cavernosa cacofonia. Xavier Medina-Campeny, lo scultore che ha realizzato la testa di toro che campeggia nella cucina del ristorante, dice che è tutta colpa delle sue papille gustative: ne avrebbe più degli altri. Singolare spiegazione, più che del difetto, della sua straordinaria capacità di percepire i sapori. "La cucina è un linguaggio", ripete da sempre il superchef: e, al volgere dei suoi primi 50 anni, ha deciso di esplorare un'altra lingua. Ma la crisi di mezz'età non c'entra niente, assicura: "Non vado a occuparmi di cose diverse. Voglio migliorare quello che faccio, e anche la mia vita". Perché la stanchezza c'è, è netta, palpabile: con una tensione così non si vive per sempre, e Adrià, tre stelle Michelin e ogni cliente un ispettore, è al top da 15 anni.
 Per continuare a leggere l'intervista completa questo è il link.

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